Miti e fatti sull'acustica degli studi II: Monitor nelle stanze

L'acustico italiano DONATO MASCI di Studio Sound Service continua la sua serie di articoli sull'acustica degli studi con un'approfondimento sui pro e contro per i near field monitor e i big monitor.

2.1 Maledetti big monitor incassati!

Oggigiorno la scelta dei monitor da studio è molto influenzata dalle mode e tendenze di mercato, e il discorso sui big monitor è sicuramente il più controverso (sarà perché, di solito, vengono venduti solo una volta per studio!). Come succede in molte situazioni analoghe, se chiedeste in giro, chi ce l’ha direbbe che sono indispensabili, chi non ce l’ha direbbe che sono inutili. 
In realtà, dal punto di vista tecnico, i design più utilizzati per gli studi di registrazione (Non-Environment, LEDE, RFZ) non solo li prevedono, ma basano tutta la loro teoria su questi, e soprattutto sul loro montaggio in-wall, mentre per i nearfield e i monitor free-standing in generale si accettano numerosi compromessi. 
Per questo motivo, sono giunto alla conclusione che molti dei fonici scontenti dei big monitor lo siano soltanto perché sono ormai abituati a lavorare soltanto con near-field posizionati al massimo a 1.70 m dalla loro posizione d’ascolto oppure perché sono stati “scottati” dall’ascolto di big monitor non ben montati e posizionati, e questo, purtroppo, succede più spesso di quanto si pensi.

Il primo motivo potrebbe essere generazionale. Per esempio è legato particolarmente ai fonici più giovani cresciuti nel proprio home-studio (che non ha un sistema d’ascolto con molti compromessi) e non sentono il bisogno di cambiare il loro modo di lavorare.
Da un altro punto di vista, i big monitor degli anni 70’ e 80’ non potevano essere fedeli a basse pressioni sonore, quindi molti fonici preferivano usare dei monitor più piccoli che riuscissero a farli lavorare senza affaticarsi per più ore di seguito. Questo potrebbe essere stato il motivo per cui i nearfield presero piede, poi le stanze divennero sempre più piccole e in molti casi erano l’unica soluzione.
Ora questo problema non esiste più perché i big monitor (o almeno i migliori) sono sicuramente molto fedeli anche a basse pressioni sonore.
Ovviamente, per rendere fullrange un sistema con near-field, si deve obbligatoriamente aggiungere un sub-woofer: è molto interessante vedere come molti fonici odino questa configurazione, e in molti casi mi sento di dargli ragione, perché se la fase e il livello del sub non sono calibrati perfettamente rispetto al resto del sistema, è sicuramente meglio non avere il sub! (di questo argomento abbiamo parlato nel primo articolo e concluderemo nell’ultimo). Chiaro è che se ci si abitua a mettere per ogni mixaggio un filtro passa alto a 45÷50 Hz, come fanno molti, sicuramente si evitano molti problemi anche con un sistema con soli near-field, ma molti colleghi e clienti che lavorano nel mastering mi rivelano sempre più spesso quanti errori si commettano nella fascia compresa tra 20÷50 Hz a causa di plug-in bass enhancement (tipo MaxxBass, etc.) il cui risultato non può essere monitorato in modo professionale con queste configurazioni.

Il secondo motivo è più tecnico, ed è legato al fatto che, in generale, una cassa che si spinge più in basso in frequenza, è sicuramente più difficile da gestire. Dal mio punto di vista è veramente molto difficile, per non dire impossibile, avere un ascolto soddisfacente con i big monitor senza che siano montati in modo corretto in-wall. Inoltre ho notato moltissime differenze sulla risposta in frequenza e sulla percezione del “centro mono” (phantom central image) montando i big monitor in un contenitore stratificato di legno, mdf, cartongessi etc, piuttosto che montandoli in una cavità di muratura o cemento. Infatti, se l’involucro che li contiene non è veramente massiccio, sicuramente avvengono alcuni problemi, legati in particolare alle risonanze alle basse frequenze degli elementi strutturali leggeri e all’interazione delle basse con le altre pareti della stanza, con conseguente cancellazione relativa allo sfasamento del suono diretto con quello riflesso dalle pareti (soprattutto quella sul retro delle casse). Certamente non si deve mai dimenticare che qualsiasi loudspeaker sotto i 200 Hz sia praticamente omnidirezionale.

Flush mount per ADAM A7 nello studio House of Glass

Molti addetti ai lavori, non analizzando la cosa da un punto di vista scientifico, sono titubanti del fatto che con un montaggio in-wall di questo tipo si enfatizzino le basse, ma questo è normale perché la cassa è calibrata (solitamente!) in camera anecoica ed essendo le alte frequenze più direzionali, è facilmente intuibile che l’energia delle basse irradiata dal retro della cassa venga “compressa” e spinta in avanti da un baffle solido e massiccio. Questo però avverrebbe comunque con le altre pareti della stanza, magari poste 1 m o più dietro la cassa (c’è da considerare che quasi tutti i big monitor sono spessi 50÷80 cm e con l’inclinazione orizzontale, i 30° verso il punto d’ascolto, e verticale, che avviene per molte delle configurazioni, si divaricano facilmente di diversi cm dalla parete).
Quando l’onda riflessa dal retro interagisce con il suono diretto, crea delle cancellazioni (comb filters). La lunghezza d’onda relativa alla frequenza più bassa (e più forte) della cancellazione è strettamente collegata alla distanza della cassa dal retro. Per eliminare perfettamente questa cancellazione, ossia per ridurre a zero la distanza tra la cassa e le pareti circostanti, l’unico modo è il flush mount. 
Con questi problemi di fase, una semplice equalizazione non risolverà mai il problema, mentre invece per casse montate a muro o molto vicine a questo, l’enfatizzazione delle basse potrebbe essere perfettamente controllata con l’equalizzazione con risultati eccellenti.

 

2.2 ...e per le casse free-standing?

Oltre ai big monitor in-wall, per lo stesso motivo, è decisamente difficile ottenere buoni risultati con casse free-standing che non siano attaccate al muro, perché, per avere al punto d’ascolto una risposta in frequenza senza cancellazioni, sulla parete sul retro delle casse si dovrebbe avere un’assorbimento praticamente totale della frequenza relativa alle cancellazioni. Questa cosa è, in pratica, molto difficile, perché le frequenze in ballo sono le basse: facendo un caso pratico, se una cassa è posizionata 1 m dalla parete frontale dello studio, la cancellazione sarà relativa a circa 87 Hz e, per assorbire perfettamente queste frequenze, ci vorrebbe uno strato di materiale fonoassorbente di quasi 1 m, o qualche dispositivo risonante che dovrebbe garantire un assorbimento preciso con lo stesso Q della cancellazione, e questa, per i progettisti, è una cosa realmente delicata. Come riporta la Genelec nel suo metro Acoustitape (uno strumento veramente utile proprio per predire questa cancellazione) “il suono percorre 1/4 di lunghezza d’onda per arrivare al muro, rimbalza, e percorre un altro 1/4 di lunghezza d’onda per ritornare al loudspeaker giungendo così sfasato di 180° (ossia 1/2 lunghezza d’onda) rispetto al suono diretto” (“Sound travels 1/4 wavelenght to the wall, bounces off, then travels 1/4 wavelenght back from the wall and thus is 180 degrees out of phase (1/2 wavelenght) with the direct sound”). Per questi motivi, pur non avendoli sentiti, guardando alcune foto di studi che montano casse free-standing parecchio staccate dal muro frontale della stanza, mi lasciano sempre perplesso e raramente mi sono dovuto ricredere con un ascolto o una misura.

 

2.3 Caso studio: regia con big monitor prima e dopo la correzione (Dunastudio)

Pochi mesi fa fui chiamato ad analizzare uno studio (Dunastudio) in provincia di Ravenna (Italy) la cui sala regia presentava diversi problemi acustici, in particolare l’assorbimento acustico era sbilanciato in frequenza (troppo poco assorbimento sulle basse e troppo sulle alte frequenze), inoltre il punto d’ascolto si trovava esattamente a metà tra la parete frontale e il retro. Lo studio aveva una coppia di Dynaudio M4 assolutamente mal posizionate: l’asse acustico non era indirizzato verso il punto d’ascolto e soprattutto le casse non erano montate correttamente in-wall. L’intervento di correzione è consistito nel posizionare un assorbimento adeguato sul retro della regia, sul laterale e sul soffitto, su un leggero riposizionamento del punto d’ascolto e su una completa riprogettazione del montaggio in-wall per le casse.

Dunastudio

L’intervento di correzione è consistito nel posizionare un assorbimento adeguato sul retro della regia, sul laterale e sul soffitto, su un leggero riposizionamento del punto d’ascolto e su una completa riprogettazione del montaggio in-wall per le casse. In figura 1 si possono notare tutti i problemi delle risposte ante-operam e in particolare: le risonanze e le cancellazioni (rispettivamente a 60÷70 e 90÷120 Hz) molto negative (circa 10 dB) a bassa frequenza dovute all’errata costruzione del baffle e alle risonanze modali della stanza che non erano assolutamente controllate; la perdita di alte frequenze, dovuta essenzialmente al fatto che il tweeter non era direzionato verso il punto d’ascolto e che la stanza era troppo assorbente sulle alte frequenze. Nelle curve relative alla correzione si vede che questi effetti sono stati migliorati sostanzialmente. Le risposte delle due casse tra l’altro sono molto simili tra loro.

Fig. 1 Risposta in frequenza ante (verde e blu) e post operam (giallo e rossa) delle due Dynaudio M4 nel Dunastudio

I tempi di riverberazione ante-operam erano troppo sbilanciati tra le medio-alte frequenze (0.15 s) e le basse (0.55 s), tra l’altro nella banda di 125 Hz si notava un picco di risonanza (non è un caso che in questa banda ci fosse anche una cancellazione nella risposta in frequenza). Il risultato dopo la correzione è che sono stati ottimizzati i rapporti tra i tempi di riverberazione a medio e bassa frequenza, è stata eliminata la risonanza modale a 125 Hz ed è stata data un po’ brillantezza in più sulle medie frequenze, con una leggera diffusione.

Fig. 2 Tempi di riverberazione T30 ante (verde e blu) e post operam (giallo e rossa) misurati con le due Dynaudio M4 nel Dunastudio

I Center Time ante-operam erano troppo lunghi sulle basse frequenze e troppo brevi sulle alte, la correzione ha riportato il grafico perfettamente sulla media dei valori di cui abbiamo discusso nel precedente articolo.

Fig. 3 Center time ante (verde e blu) e post operam (giallo e rossa) misurati con le due Dynaudio M4 nel Dunastudio

2.4 Conclusioni e miti "sfatati"

Tornando ai nostri miti...

5. I big monitors sono buoni per i clienti ma non per mixare. Sono troppo grandi e perdono di “definizione”: Sulla base dei risultati mostrati e dei ragionamenti che ho proposto, posso affermare che i big monitor in-wall siano veramente la cosa più delicata da mettere in uno studio, ma anche quella che personalmente da’ più soddisfazione perché, quando funzionano, è come se prendesse vita tutto il progetto acustico.

6. non voglio montare le casse in-wall perché posso evitarlo e, così, sostituirle facilmente in futuro, inoltre se devo spostarle per un fine-tuning lo potrò fare: su questo punto mi viene da dire che non si deve pensare ad un loudspeaker come un oggetto di “tendenza” da poter cambiare come un capo d’abbigliamento, ma è parte integrante di uno studio, quindi è bene sceglierlo al momento in cui si decide che studio fare.

7. i near field hanno molta più definizione dei far fields: Sbagliato. Posso soltanto dire che i far-fields introducendo più energia nella stanza, eccitino le sue risonanze modali di più che i near-field, ma l’effetto delle prime riflessioni è sicuramente peggiore per un near-field su stativo che per un big monitor incassato a muro.
Inoltre, i near-field hanno generalmente molti altri problemi, come quelli legati alla direttività. Infatti, le dimensioni di una cassa influenzano la radiazione sonora. Questo effetto si manifesta quando la lunghezza d’onda che è generata dai monitor è identica (o proporzionale) a una delle sue dimensioni. La cassa comincia ad essere direttiva per questa frequenza e per le sue armoniche relative. Per fare un esempio, per un piccolo monitor, le dimensioni corrispondono al midrange, che è già molto direttivo, e rinforzano il fenomeno danneggiando la risposta off-axis. Per una cassa più grande le dimensioni corrispondono a frequenze più basse dove l’energia è molto meno direttiva, per questo motivo l’effetto risulta trascurabile. 
Inoltre una cassa piccola risente particolarmente della presenza di grandi console nel range di emissione delle sue frequenze più basse, del muro dietro e dei comb filters che ne conseguono, e delle riflessioni della console alle medie frequenze.
 Questo è un effetto della vicinanza di oggetti di grandi dimensioni ai driver. Nel caso di un big monitor incassato a muro non ci sono oggetti vicino ai driver, ai mid e ai tweeter, come capita spesso invece nel caso delle casse piccole, e questo ha effetto sulla loro risposta.

Concludendo, il mio consiglio, se se ne ha la possibilità, è quello di poter prevedere i big monitor in uno studio, considerando che la distanza minima d’ascolto non possa essere inferiore ai 2.2m circa, quindi è sicuramente inutile inserirli in stanze che non abbiano una dimensione idonea, ma in alcune situazioni con dimensioni contenute mi è capitato di poter montare in-wall dei mid-field (1.7÷2.4 m) con ottimi risultati. Il montaggio e il posizionamento di un loudspeaker è fondamentale in uno studio, un errato posizionamento può causare buche nella risposta in frequenza anche di 15÷20 dB! Nel prossimo articolo parlerò di (auto)calibrazione, altri miti da sfatare e conclusioni.

Footnote
Donato ringrazia Christophe Anet e Valentina Cardinali, per le utili conversazioni e scambio di idee, e il suo amico Christopher Martinuzzi per la revisione del testo.